Faber come Fabrizio

Fotografare un artista non è semplice. L’ingrediente alchemico fondamentale è che sia un altro artista a farlo. Non si tratta tanto di cogliere l’uomo quanto la scintilla che lo rende unico ed irripetibile. Non è uno specchio sul reale, ma sul suo universo interiore.
Mimmo Dabbrescia è un ritrattista di anime. Il suo gesto risulta semplice, naturale, perché nasce da un incontro di creatività. Affinità elettive, segnali non detti, sorrisi allusivi di una comune fonte d’ispirazione. La sua empatia gli consente d’interpretare i lievi pensieri che attraversano i volti dell’Arte. La sua innata umiltà, gli permette di scomparire dietro la macchina fotografica per lasciare emergere, come una sapiente levatrice, l’artista ritratto, lasciando cadere le spoglie della quotidiana maschera sociale. Memorabile il suo lavoro con un giovane Fabrizio De Andrè, il cantautore protagonista degli scatti realizzati fra il 1969 e il 1974. L’opera di Dabbrescia ci rimanda l’animo poetico di Faber; il “poeta sociale” che è stato così semplice amare e non il personaggio osannato nei concerti. Sono scatti sapienti e delicati, in punta di piedi. Due sensibilità in reciproco ascolto. Echi lontani di una poesia umana mai dimenticata e, in un istante magico e assoluto, qualcuno potrebbe anche giurare di aver sentito le note di una poesia musicale che è ormai dentro di noi.
Ecco alcuni estratti di conversazione con cui Mimmo Dabbrescia ricorda Fabrizio De André. Nel ’69 la casa discografica che seguiva De André incaricò Dabbrescia di fargli dei ritratti. “Non è un personaggio facile”, mi dissero, “vedi cosa puoi fare. Ci fidiamo di te”. Fissammo un appuntamento nella sua casa di Genova. Quando mi presentai, la moglie mi disse che era dovuto partire per Londra. Lo rintracciò per telefono e concordammo un nuovo incontro due giorni dopo. Tornai e stavolta non mancò l’appuntamento. Né quello, né tutti gli altri che vennero dopo. Parlammo delle fotografie che la casa discografica mi aveva chiesto di fargli. “Ma se il disco non lo abbiamo ancora fatto?”, mi disse. Gli risposi che avevo anche alcuni giornali ai quali proporle. Alla fine si convinse e si fece fotografare. 
E ancora: Ci sono tornato per cinque anni. L’ho ripreso in casa, da solo, con la famiglia, mentre giocava con suo figlio Cristiano, sulla spiaggia di fronte casa sua… Era una miniera da cui estraevo continuamente pietre preziose: quando si parlava di De André c’era sempre necessità di immagini di qualsiasi tipo. “Si vendono le mie foto?”, mi chiedeva. Io gli dicevo di sì. “Allora sto diventando popolare… Ecco perché mi chiedono così tanti concerti”. Nel privato non era molto diverso da come appariva sulla scena. Era preparato, colto, più avanti di altri personaggi del suo tempo. Già allora era il simbolo di una cultura. Amava vivere di notte. Era riservato e i suoi unici contatti sociali erano quelli con i suoi arrangiatori. Lo ricordo con la sigaretta sempre tra le labbra…
 
Informazioni
Mimmo Dabbrescia
Faber
Dal 13 settembre al 20 ottobre
Galleria Ca’ di Fra’ – via Carlo Farini, 2 – Milano
Orario: lunedì-venerdì 10-13 e 15-19. Sabato su appuntamento.
 
 

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