Dal tabù al culto della sessualità

Con l’avvento della psicanalisi si ottenne una diffusione più generalizzata e attenta all’argomento sessualità, nonostante anche Freud la guardasse ancora come patologia. Le sue prime pubblicazioni in merito, che risalgono al 1905, e i suoi studi tendevano a dimostrare che essa può interferire nello sviluppo della personalità fin dall’inizio della vita e costituire una base per eventuali future nevrosi.

I tempi erano evidentemente maturi e il suo lavoro riuscì a far emergere il problema e a coinvolgere un gran numero di persone. La psicanalisi aveva il vantaggio di essere ammantata di una visione scientifica, di non avere sopra di sé l’ombra del peccato o dell’eccessiva e ‘morbosa’ pruderie sessuale, per cui di ‘sesso’ se ne poteva finalmente parlare. Nonostante questo, però, nemmeno in quel periodo ci furono immediati sviluppi positivi, come approccio e ricerca, in particolare per le persone di sesso femminile. Freud dichiarò infatti che, secondo la sua esperienza clinica, l’orgasmo femminile era distinto in due tipi: vaginale e clitorideo, ma che solo quello vaginale apparteneva ad una donna matura, l’altro si verificava nelle personalità ancora non completamente maturate.

Secondo i suoi scritti l’orgasmo provocato dalla stimolazione clitoridea è un’espressione da adolescenti (ed è assimilabile alla masturbazione infantile), mentre, dopo la pubertà, quando la donna incomincia ad avere rapporti reali, con una persona di sesso maschile, il centro del piacere dovrebbe venire trasferito in vagina. La vagina, affermava, è in grado di produrre un orgasmo uguale, ma più maturo, di quello clitorideo, ma può verificarsi solo dopo che la donna sia riuscita a dominare i conflitti maggiori e a raggiungere un’identità “femminile” e “ben equilibrata”.

Le donne di tipo clitorideo, invece, venivano considerate immature e incapaci di risolvere i “conflitti” fondamentali  legati agli impulsi sessuali.

E’ ovvio che, con una constatazione di questo genere e una volta formulata una simile definizione, il problema della frigidità femminile diventò dilagante e l’appagamento derivato dall’orgasmo clitorideo fu vissuto con senso di inadeguatezza e di colpa.

Ci furono per più generazioni, donne che passarono la vita a consumarsi nel senso di frustrazione, inadeguatezza e incapacità di essere normali, nel momento in cui non riuscivano a raggiungere l’orgasmo solo con la penetrazione, e una ugual misura di uomini che non si sentirono sufficientemente validi nella loro identità maschile per non essere riusciti a far raggiungere il culmine del piacere alle loro compagne.

E questo è un fatto molto grave perché il bisogno di sentirsi adeguati e capaci nel ruolo che compete al proprio sesso di appartenenza è molto importante per strutturare una personalità completa e appagata e una vita felice. Ed una buona intesa sessuale è importantissima per raggiungere  quella intimità e quella sensazione di complicità che servono a strutturare e mantenere al meglio la stabilità della coppia.

 

A portare alle estreme conseguenze il malinteso freudiano furono anche il ginecologo-sessuologo William Masters e la psicologa Virginia Johnson, entrambi statunitensi, che fondarono una clinica a Sant Louis per correggere questa presunta patologia orgasmica e fecero però anche il primo studio approfondito sulla fisiologia sessuale umana, ricalcando le orme di un altro ricercatore, sempre americano, Alfred Kinsey, che si era precedentemente occupato di capire e di catalogare, forse per la prima volta e in maniera completa, i comportamenti sessuali sia degli uomini, sia delle donne (ricerca nota come il ‘Rapporto Kinsey’), e su questa aveva pubblicato i due trattati: “Sexual Behaviour in the Human Male” nel 1948  e “Sexual Behaviour in the Human Female” nel 1953. Questi trattati rappresentano tuttora un eccezionale documento storico del comportamento sessuale di quel periodo e di quella cultura.

 

di (Marina Zaoli)

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