Almost nothing. Cern: la scoperta del futuro

Almost Nothing, recensione film

Almost nothing: uno dei migliori esperimenti cinematografici mai riusciti

Come si può pensare anche solo per un momento di lasciare tutto al caso e non fermarsi a meditare almeno un attimo su che cosa ne sarà del nostro futuro? Quale sarà l’ambiente di cui faremo parte e che ci circonderà in ogni momento della nostra giornata? Ma soprattutto, chi cercherà la risposta a tutte le nostre domande per riuscire ad affrontare al meglio il mondo di cui faremo parte? Ve lo siete mai chiesti?

Pare proprio che il collettivo di artisti e filmmakers di ZimmerFrei abbia cercato di dare risposta a tutte queste domande, e con l’aiuto dei suoi collaboratori Massimo Carozzi, Anna De  Manincor e Anna Rispoli – che hanno fondato tutto questo a Bologna nel 2000 – hanno dato vita ad una vera e propria collaborazione per produrre dei film che diano la possibilità di investigare dettagli di contemporaneità attraverso le abitudini, la cultura, la società a cui appartiene l’umanità d’oggi con l’utilizzo delle arti visive, delle performances, della musica e dello spettacolo. Almost nothing è proprio questo: uno dei migliori esperimenti cinematografici mai riusciti.

Almost nothing, parliamo veramente “quasi del nulla”?

Titolo discutibile quello di un film che non si sofferma soltanto sull’analizzare quello che vedono tutti, non vi pare? Eppure, da fuori, Cern, sembra esattamente questo: un insieme di fisici delle particelle, collocati in una cittadina che si trova tra la Francia e la Svizzera, che cercano di trovare una risposta alle loro teorie tramite l’utilizzo della scienza e della fisica. Ma che cos’è in realtà?

In verità, parliamo di un gruppo molto vasto di persone che lavorano come se fossero un unico cervello, un’unica macchina che cerca di mettere corpo e mente nelle proprie scoperte; gente che ha una vita, che instaura delle relazioni fisiche ed emotive con gli altri, che combatte ogni giorno per creare delle nuove regole di funzionamento di un sistema che sembra già pianificato. Uomini che non smettono di costruire delle vere e proprie basi per una società che non si vedono in superficie, come potremmo dire per il lavoro degli architetti, ma che lasciano spazio a pensieri molto più profondi e di spessore.

Almost nothing…Utopia o realtà?

La ZimmerFrei ha più volte raccontato quanto tempo e dedizione ha portato la realizzazione di questo film: a partire dagli ambienti più inusuali, più disabitati e spaesati in cui girare, fino ad arrivare alle scrivanie e agli uffici di questi uomini e donne solamente per fare loro delle domande, in 16 minuti di tempo, con la speranza di ricevere una risposta che non si sa se sarebbe stata coperta totalmente dal suono di alcuni dei più grandi macchinari scientifici del nostro Pianeta.

Perfino Anna De Manincor, citando i suoi colleghi, spiega con quale stupore e con quale gioia si erano trovati ad affrontare una comunità che sembrava aver creato una connessione tra la propria vita e la scienza, rendendola una cosa unica. Come si erano sentiti davanti ad un “villaggio utopico” in cui nessuno sembrava lamentarsi del proprio lavoro, ma tutti parevano invece soddisfatti in ogni momento in cui si trovavano in quel luogo.

Per questo, nulla poteva essere più soddisfacente del risultato del documentario che è stato prodotto. L’inverosimile, il surreale e il reale sono riusciti a coalizzarsi tra loro in un’unica registrazione, dando a vita a quello che fin dal principio si era ricercato.

Non manca altro che immergervi nella visione di questo film, considerato uno dei più grandi ed interessanti documentari dal Ministero dei Beni Culturali e del Turismo, per capire esattamente di cosa stiamo parlando e di ciò che vogliamo trasmettere per farvi comprendere che, la maggior parte delle volte, andare oltre quello che si vede superficialmente si rivela molto più di quello che avremmo pensato. Dal 18 novembre 2018 in tutte le sale cinematografiche italiane.

 

di Luciana Losada

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