MIKA, “Ed ora chiamatemi Michael Holbrook”

MIKA

Il 2007 è stato l’anno in cui è salito ufficialmente nell’olimpo dei cantanti internazionali più famosi con il singolo Grace Kelly. Michael Holbrook Penniman Jr, meglio conosciuto a tutti come MIKA, dal suo esordio mondiale ad oggi ci ha travolti con la sua permanente energia e positività, e si è affermato come artista completo, dimostrando ottime doti da showman (7ma e 8va edizione di XFactor, Casa Mika). Ad un mese dalla tappa milanese del suo tour mondiale (3 dicembre, ndr) e un mese dopo la presentazione ufficiale del suo nuovo album, My name is Michael Holbrook, lo abbiamo incontrato per scambiare due chiacchIere.

Da dove nasce l’esigenza di confrontarsi con il tuo vero nome, Michael Holbrook, e qual è il punto di arrivo di questo percorso? Chi è Michael Holbrook? 

Ho realizzato 4 album prima di questo, e sono convinto che la mia vita e la mia carriera siano divise  in capitoli. All’inizio del mio percorso professionale sapevo già che se dopo 10/20 anni avessi continuato  a fare il cantante (che è ciò che amo davvero fare), avrei avuto una precisa missione: riversare tutto me stesso e le diverse parti del mio Io  all’interno dei miei brani. Questo tuttavia non è accaduto, e mi sono reso conto che il vero ME si stava sempre più allontanando dalla persona che componeva. Mika, il nome con cui mi chiama mia madre, che cantava sul palco, era distante dalla mia vita privata.

Nel mio passato sono accadute delle cose che mi hanno allontanato da Michael Holbrook, il mio nome legale (nonché nome di mio padre), e avvicinato sempre di più alla nuova identità che mi stavo costruendo. Ma questo allontanamento è stato un male e mi sono dovuto chiedere il motivo per cui odiassi così tanto questo nome. Ho avuto bisogno di tempo per sentirmi pronto nel realizzare un album dove mi sentissi una persona sola e non divisa in quattro. Questo titolo “My name is Michael Holbrook” è una provocazione a me stesso. Ho voluto liberarmi da questa distanza che avevo creato tra il mio nome e quello di mio padre.

La registrazione di questo nuovo album ti è servita a risolvere il conflitto?

Assolutamente sì. All’inizio non sapevo che avrei chiamato questo album con il mio vero nome, ma avevo semplicemente un’idea: capire da dove venisse mio padre. Così ho guidato da Miami fino al cimitero di Savannah, in Georgia, e lì ho trovato il mio nome cancellato dal tempo. Mi è piaciuto tantissimo. Sono tornato a casa e ho scritto la canzone Tiny Love, e nell’eccitazione ho dichiarato: “My name is Michael Holbrook e sono nato nel 1983”. Questo è stato il mio punto di partenza. Non è stato semplice e dopo la prima canzone ho aspettato due anni prima di scriverne un’altra. Avevo bisogno di capire chi fossi e questo tempo per me è stato fondamentale.

Una delle canzoni del tuo nuovo album è intitolata Sanremo. Come mai? 

Sanremo è il primo posto dove sono stato in Italia con la mia numerosa famiglia. Non è una canzone legata al Festival ma semplicemente ad un mio ricordo: un ragazzo di 14 anni che va a  Sanremo con le sue sorelle e guardando i coetanei del posto pensa “io non sarò mai come loro”, perché erano molto più “cool” di me. E dunque ho voluto inserire questa cartolina in una canzone.

Ho raccontato questa storia al regista sperimentale Wiz e ha avuto una reazione dicendomi: “Sanremo è una cosa che vorresti avere ma che non sai come arrivarci, è qualcosa che vorresti essere ma non sai come diventarci”. Ha creato il video, volutamente in bianco e nero, su un contesto sociale molto forte: l’omosessualità negli anni ‘50, in un cruising dove ragazzi omosessuali vivono liberamente la propria natura. Mi è piaciuta l’idea che ha avuto di voler inserire un contrasto sopra l’ altro. La canzone infatti sembra voler raccontare qualcosa ma in realtà ne racconta un’altra. Non so quali potranno essere le reazioni, però per me Sanremo rappresenta un sogno utopico, un luogo dove si può essere liberi.

Sei in pausa dal mondo televisivo o hai nuovi progetti in cantiere ?

Per dedicarmi interamente alla mia musica ho deciso di prendere le distanze dal mondo della televisione, frequentato per molti anni sia in Italia che all’estero. Parlare davanti alla gente in televisione mi ha liberato tantissimo. Per sei anni ho partecipato a The Voice in Francia e ho smesso solo adesso per concentrarmi sulla musica. “Casa Mika” (il programma andato in onda sulla Rai) è stato diverso perché era un progetto romantico. Da tutte queste esperienze ho imparato ad esprimermi senza timore delle conseguenze e a prendermi le mie responsabilità. Non sono cresciuto nella disciplina della TV e avevo paura di diventare troppo ripetitivo. Ho un progetto per tornare in televisione, ma, quando sarà, vorrei essere in compagnia di qualcuno di cui non voglio dire nulla per ora.

Un ringraziamento speciale a Mika per la sua gentilezza e professionalità. Un grande in bocca al lupo per tutti i suoi progetti futuri!

 

di Manuela Poidomani

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