Intervista a Isabel Allende: tra riflessioni, emozioni e ricordi

Isabel Allende

Con 30 opere letterarie alle spalle, da cui sono state tratte 3 sceneggiature per il grande schermo, si è affermata come una delle scrittrici latinoamericane più note al mondo. In occasione dell’uscita dell’ultimo romanzo “Lungo petalo di mare”, abbiamo incontrato ed intervistato Isabel Allende, che ha conversato con noi di tematiche d’attualità come immigrazione e politica, ma anche ricordi dal passato e altre curiosità.

Il suo nuovo romanzo, così come “L’amante giapponese” e “Oltre l’inverno”, toccano un tema d’attualità molto caldo in più paesi del mondo: la migrazione dal proprio luogo d’origine in cerca di una vita migliore. Da un punto di vista politico, crede sia necessario che in paesi dove è in atto una guerra civile serva l’intervento di altre nazioni per risolvere i problemi in modo pacifico, o pensa piuttosto che sia giusto per quei popoli abbandonare la propria città natale, creando inevitabilmente un’immigrazione incontrollata? Qual è la sua posizione a riguardo? 

Sicuramente la soluzione ideale dovrebbe essere quella di risolvere le cause dell’esodo in modo da evitare che la popolazione debba migrare in stato di disperazione, anche se purtroppo questo accade raramente. Anche quando le Nazione Unite hanno tentato di intervenire, hanno ottenuto davvero poco. L’intervento  di un altro paese di solito ha un costo molto alto. Credo quindi che si debbano trovare soluzioni globali per questa problematica che continuerà ad aumentare nel tempo, per cui ci saranno molti più rifugiati a causa della violenza e della povertà, che sono le cause principali della crisi di oggi, a cui si aggiungeranno i rifugiati del cambio climatico.

Quale città ricorda nei suoi viaggi  con maggior affetto e le ha lasciato maggiori emozioni? 

Ci sono tante città affascinanti, ma il viaggio più emozionante che abbia mai fatto è stato un safari in Kenya. Ho potuto testimoniare l’immensa migrazione degli gnu dal Serengeti, essere vicina agli animali che si vedono solitamente negli zoo, accarezzare una giraffa, fotografare da tre metri di distanza diverse leonesse con i loro cuccioli, sentire i passi dell’elefante dietro la mia tenda. Un viaggio favoloso che ho ripetuto un paio di volte e che non dimenticherò mai.

Come trae ispirazione quando scrive un romanzo? Da cosa inizia? 

Tutti i miei romanzi iniziano l’8 gennaio, per tradizione e disciplina. Ciascuno è ispirato in modo diverso. I romanzi storici generalmente sono basati su qualche evento o un’epoca che mi ha particolarmente colpito. I temi degli altri romanzi variano, ma ci sono elementi che si ripetono: donne forti, genitori assenti, violenza, morte, amore, lealtà, giustizia, marginalità. Le memorie nascono dal bisogno di esplorare il mio passato e salvare i ricordi dall’oblio.

Ha scritto un romanzo giallo nel 2012, “Il gioco di Ripper”. Pensa di riaffrontare ancora questo genere? 

È stato molto divertente immaginare la storia di quel romanzo. Scrivere un giallo è come costruire un puzzle, non possono rimanere né mancare pezzi; è un gioco di astuzia tra l’autore e il lettore. Il primo ha l’obbligo di seminare tutte le chiavi di lettura, però deve distrarre il lettore in modo che non se ne renda conto. Se il lettore indovina il finale, vince. Se non indovina, vince l’autore. Per il momento non ho pensato di tornare su quel genere, ma lo tengo in riserva per il futuro.

Come percepisce il fenomeno dei social influencer che, pur non avendo un background letterario, scrivono romanzi probabilmente stesi da ghost writer, solo per il fatto di poter contare su un vasto pubblico che li potrà acquistare? 

Questa è una moda che sicuramente passerà. Molte persone che non hanno mai letto comprano libri di social influencer, ma questo non coltiva la loro curiosità per altri romanzi o non instaura in loro l’abitudine alla lettura. Si limitano a quelle frivole letture. E non credo possa essere  in competizione con la buona letteratura, poiché hanno un pubblico dal tutto diverso.

Qual è il ruolo degli intellettuali oggi? Soprattutto nel contesto dei conflitti in America Latina

Dipende dall’intellettuale. Se stiamo parlando di scrittori di fiction, penso che la nostra responsabilità sia quella di raccontare la storia nel miglior modo possibile. Scriviamo ciò di cui siamo interessati, ma il nostro ruolo non è soltanto quello di dare messaggi, predicare o assumere posizioni ideologiche. Tuttavia, ciò che pensiamo e chi siamo come persone emerge tra le righe. A me interessano molto i temi sociali e politici, perché determinano le vite delle persone. Inoltre mi interessano i temi storici, perché studiando il passato possiamo capire il presente e avere una visione del futuro. Nel raccontare una storia non intendo però fare proselitismi con il mio lettore. Se riesco a far sì che il mio lettore – o lettrice – metta in discussione i propri pregiudizi, a interessarsi a qualcosa di nuovo oppure sia curioso di saperne di più, allora mi sento realizzata come scrittrice.

Un ringraziamento speciale ad Isabel Allende per la disponibilità e cortesia!

 

di M.G.

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