Giorgio Locatelli, glamour inglese e gusto italianissimo

Giorgio Locatelli

Gilt ha avuto il piacere di intervistare Giorgio Locatelli, nuovo giudice di Masterchef Italia 8 e chef stellato dalla fama internazionale. Professionale, garbato e stiloso sono i primi aggettivi che il grande pubblico ha subito utilizzato per identificare il suo nuovo beniamino. Una grande personalità dal passato difficile, ma che ha saputo farsi strada nel mondo della cucina con successo. Grande sostenitore dei giovani e dei gusti puramente italiani e riconoscibili. Londinese di adozione, che ha ritrovato la sua patria.

Ha appena concluso la sua prima esperienza a Masterchef Italia, è stato semplice inserirsi in un contesto che esiste ormai da sette anni? Cosa lo ha sorpreso di più di questa esperienza?

In realtà ero molto preoccupato e all’inizio ero parecchio titubante. Dovevo sostituire una donna, la chef Antonia Klugmann, e lo spazio per le donne al giorno d’oggi è importantissimo. Continuavo a chiedere: “Ma siete sicuri?”. Ho ragionato insieme al mio team e ci siamo decisi. Avevo un po’ paura, ma ho trovato un gruppo super affiatato e mi sono trovato bene. Mi ha sorpreso molto la qualità e l’impatto che Masterchef ha sulle persone. Le ammiro molto e mi hanno fatto tanta tenerezza, anche se da giudice si deve mantenere una certa distanza, ho visto la crescita personale di ogni concorrente e lo fanno lì, davanti a tutti. Devo ammettere che il livello di responsabilità che si sente è altissimo, tu sei seduto davanti a loro e devi fare un po’ il “Cesare” della situazione con il famoso pollice verso. Mi sono sentito piuttosto awkward.

Per quanto riguarda i concorrenti, che livello si aspettava di trovare? Gli è capitato di assaggiare un piatto che l’ha colpita? Gli è servito a prendere qualche spunto?

Il livello è sicuramente buono. Io sono un grande fan della semplicità di Valeria, il suo piatto con il contrasto tra cocco e cozze mi è rimasto impresso. Un altro piatto che mi ha sorpreso è stato quello di Gloria, la sua bisque con la riduzione al cioccolato è stata fantastica. Loro sono fortunati, è semplice sperimentare e mettersi in gioco con una dispensa come quella che abbiamo a Masterchef. I nostri partner sono bravi e ci procurano tantissimi prodotti di qualità. Ovviamente è sempre un rischio, ogni esperimento può risultare geniale o scadente.

Molti lo hanno paragonato allo chef Carlo Cracco, vi hanno associato spesso per l’eleganza e l’aspetto estetico. Com’è stato confrontarsi con l’attenzione del grande pubblico? E dover soprattutto cominciare a gestire i commenti sui social?

Ogni tanto qualcuno mi riconosce e mi ferma in aeroporto, ma non capita molto spesso. Sono abituato ad aver a che fare con le persone: ho fatto qualche esperienza in Inghilterra e quotidianamente nel mio ristorante mi confronto con i clienti e lo staff, che sono un bel po’ di persone. I commenti non mi spaventano, sono una persona matura e formata, quindi all’opinione degli idioti non ci faccio più caso. Anche quelli giornalistici ormai mi toccano poco, soprattutto quando non sanno di cosa stanno parlando e non capiscono l’essenza di un piatto. Sono consapevole del fatto che ci siano locali e ristoranti che sopravvivono grazie ai commenti su TripAdvisor, ognuno ha il suo modo di stare a galla. Io credo fortemente che se ti piace un posto ci torni, quindi è utile fino ad un certo punto. La cucina è fatta di gusti personali, dunque è tutto molto soggettivo.

Come ha citato prima, lei ha fatto altre esperienze televisive all’estero. Infatti in Inghilterra ha partecipato a The Big Family Cooking Showdown per la BBC. Quali difficoltà ha trovato nell’adattarsi al loro palato?

La difficoltà non è tanto il sapore, ma la forma. Il nostro menù è uguale a mezzogiorno e alla sera, se serviamo il pesce non si può vedere la lisca dentro, ed è italianissimo. La nostra cucina è principalmente piemontese, lombarda, e poi ho aggiunto molte cose della cucina mediterranea, in particolare siciliana. Cerco di avere un’identità ben definita, noi siamo un ristorante italiano. Da noi si dice che “devi avere il passaporto per entrare”.

La sua carriera è iniziata a 19 anni e ha spesso raccontato che non è stato per niente semplice, soprattutto a Parigi. Cosa l’ha spinta a trovare la forza di non mollare?

Sicuramente la voglia di cambiare le maniere in cucina. Non voglio che la gente si dispiaccia troppo per quello che ho vissuto, perché altrimenti non sarei la persona che sono adesso. Sono grato delle brutte esperienze che ho avuto e forse dovrei ringraziare chi mi ha trattato male.

Dai suoi profili social e dal sito stesso del suo ristorante londinese “Locanda Locatelli” noto che dà grande spazio ai suoi collaboratori. Che approccio ha in cucina? Cos’è cambiato nel tempo?

I giovani che arrivano al ristorante sono incredibili, sono un sorso di gassosa. Una botta di vita incredibile che mi aiuta a far rimanere alto l’entusiasmo. Inoltre sono molto preparati, sono persone di qualità. Diciamolo, la maggior parte dei grandi in cucina sono tutti italiani. Nei ristoranti a tre stelle di Parigi, New York, Hong Kong e Singapore ci sono sous-chef italiani.

Dalle sue ricette e dal suoi menù si capisce che è molto legato alla tradizione, pur essendo creativo. Quando e dove trova maggior ispirazione per i suoi piatti? Esiste un luogo che l’ha affascinata e che ha contaminato il suo gusto?

Posso dire che la cucina siciliana mi è rimasta nel cuore, infatti l’ho portata con me in alla Locanda. Il bello della cucina è che non è una cosa definita, puoi sempre provare qualcosa di nuovo, però l’importante è che si faccia perché si è ispirati, non perché si deve seguire una moda o un trend. Inoltre i clienti sanno dove andare a mangiare qualcosa di specifico, se ho voglia di pesce fresco andrò a mangiarlo al ristorante giapponese e quindi è inutile inserire una vasta quantità di proposte se so che esiste una concorrenza sensata. Non sono neanche tanto d’accordo con le cucine fusion, penso sia confusion. Ogni tanto qualcuno arriva al ristorante e dice: “ma perché non aggiungiamo il lemongrass a questo piatto?”, senza sapere cosa sia esattamente. Prima di aggiungere un determinato ingrediente si devono educare le persone su cosa sia il prodotto, a conoscere le sue proprietà e il suo gusto.

Nella sua lunga carriera qual è stato il momento più bello? Il cliente più inaspettato?

Uno dei momenti più belli è stato sicuramente nel 2016 quando sono stato nominato Commendatore Ordine al Merito della Repubblica Italiana per il mio lavoro sulla valorizzazione della gastronomia italiana nel mondo. C’era ancora mio papà e venne alla celebrazione. Il cliente più inaspettato, invece, è stato un signore che ha suonato il campanello della nostra cucina verso le 22.30 perché stava morendo di fame. In realtà sono molto contento se tutti vengono al ristorante, normalmente cerco di non classificare i clienti, non mi interessa il loro profilo. Per me sono tutti sullo stesso livello. Ho conosciuto tante persone famose, ma pagano tutte lo stesso conto.

Da personaggio pubblico e da chef cosa cerca di trasmettere? Qual è la cosa più importante per lei?

Sicuramente l’empatia, capacità che si è persa molto negli ultimi anni. Abbiamo sempre qualcosa di nuovo da odiare o da disprezzare: un tempo erano bianchi e neri, nord e sud tra, poco avremo qualcosa contro quelli con i capelli viola. Bisogna imparare ad accettare le persone per quello che sono, e credo che il cibo aiuti molto a superare moltissime barriere. Ho in mente un progetto ad impatto sociale in Italia a proposito di questo.

Quindi immagino che non abbia preso bene la Brexit.

Assolutamente no. Quella mattina mi sono svegliato e mi sono sentito tradito. Io sono arrivato in Inghilterra e il giorno dopo ho cominciato a lavorare al Savoy, quindi non sono costato nulla al mio paese di adozione. Sono argomenti complessi e complicati ma, come dicevo prima, sono per l’accoglienza e l’integrazione.

Un ringraziamento speciale a Giorgio Locatelli per la gentilezza, la coinvolgente simpatia e la grande disponibilità.

 

di Amanda Lucia Fagiasi

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