Antonino Cannavacciuolo si racconta a Gilt

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Antonino Cannavacciuolo è senza dubbio fra gli chef più amati ed ammirati quando si parla di ristorazione e cucina ad altissimi livelli. Gilt ha avuto il piacere di intervistarlo per i suoi lettori.

Edito da Einaudi, Il piatto forte è l’emozione. Partiamo proprio dal suo nuovo libro, che pare proprio stia avendo un ottimo riscontro tra il pubblico. Una guida per il curioso cuoco-lettore che ha voglia di sperimentare o di affinare le proprie abilità culinarie. L’obiettivo sembra ben chiaro già dal titolo, ma lo chiediamo anche a lei: come si fa ad emozionare con un piatto a tavola?

Per trasmettere emozioni ci vogliono innanzitutto sintonia, amore per le materie prime e per tutti gli ingredienti che compongono un piatto. Come un artista con la propria musa ispiratrice, così un cuoco trasmette ricordi di vita giocando ed accostando gli ingredienti che compongono il suo piatto.

Programmi come Cucine da incubo e Masterchef hanno ampliato la sua notorietà, portando l’arte dell’alta cucina nelle case degli italiani. Chef, come mai secondo lei negli ultimi anni stiamo assistendo ad un crescente interesse verso il cibo?

La televisione ha avuto il merito di avvicinare il grande pubblico al mondo di cucina e ristorazione, conducendo la curiosità degli spettatori verso una professione che fino a qualche tempo fa stava nell’ombra. Questo processo di scoperta ha generato una vera e propria esplosione di interesse verso il cibo, le materie prime e la loro lavorazione.

Nei programmi emerge un messaggio chiaro e molto importante, estendibile ad ogni ambito di vita e lavoro: per portare a termine un buon progetto è necessario impegnarsi, organizzarsi e abituarsi alla fatica. Quali sono, secondo lei, altri aspetti essenziali nella formazione di uno chef e più in generale di un profesisonista?

Fondamentali sono la buona volontà e la voglia di mettersi in gioco, lottando a fondo per il raggiungimento dei propri sogni. Questo è quello che cerco quando arriva un ragazzo nuovo nella mia brigata, prima ancora della bravura. L’umiltà e la volontà di apprendere.

Se dovesse raccontare un momento importante relativo al suo percorso di formazione? Magari un ricordo significativo, un incontro speciale.

Ricordo con piacere le mie esperienze lavorative in Francia. Lo ribadisco sempre anche ai ragazzi della mia brigata: un cuoco deve avere la valigia a portata di mano, viaggiare il più possibile e confrontarsi con altre culture gastronomiche. Io assistevo incuriosito alle nuove tecniche di preparazione che vedevo realizzare.

Oltre alla cucina, quali sono i suoi interessi e a che cosa si dedica nel tempo libero? Ad esempio, che musica le piace?

Posso passare dal rock alla musica classica, dipende dalla situazione e dal momento. Nei momenti liberi trovo pace, relax e ispirazione andando al lago a pescare.

A proposito di vibrazioni in cucina: qual è il piatto che riesce a farla emozionare?

Tutti i piatti che preparo mi fanno in qualche modo emozionare, ognuno infatti è legato ed ispirato ad un ricordo speciale.

Un consiglio per i giovani che vogliono intraprendere il suo stesso percorso.

Per fare questo lavoro non solo servirà compiere grandissimi sacrifici, ma anche enorme impegno e tanta costanza; non bisogna dunque arrendersi alle difficoltà, ma andare avanti seguendo i propri sogni.

A proposito, ci indica un giovane di particolare talento e determinazione?

Ci sono parecchi giovani interessanti che possono avere un futuro brillante e tante soddisfazioni. Spero che seguano sempre i loro sogni con determinazione, senza mai lasciarsi abbattere dalle avversità.

Per concludere, ecco il pensiero più dolce: se dovesse scegliere due piatti da proporre e dedicare ai suoi figli, quali sarebbero?

Difficile sceglierne solo due. Ai miei figli cerco di far conoscere i piatti della tradizione della mia terra, quelli con cui sono cresciuto, e le materie prime che ci circondano.

di Giulia Hansstein

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