La totalmente democratizzata Milano Fashion Week

Milano Fashion Week

La Milano Fashion Week apre i battenti il 17 Settembre 2019, in mostra la Primavera/Estate 2020 promette di essere plastic free, green, sostenibile, digitalizzata e come no, giovane. La Settimana della Moda risulta irrevocabilmente cambiata e democratizzata in quella che appare come una negoziazione di autenticità, dove maxischermi ne riproducono ogni momento, annullandone il reale spazio-tempo.

In tal senso, all’iniziare della Milano Fashion Week sembra che la moda non basti più. All’analisi di dichiarazioni e numeri vien fuori che l’industria della moda vive un prosperoso momento di crescita tra il 3-4%, racconta Cristina Tajani, assessore alla Moda della giunta Sala. La domanda sorge spontanea: la moda chiude in positivo, rappresentando il secondo introito del prodotto interno lordo italiano (Pil), ma a quale prezzo in termini di autenticità?

Gli eventi della Milano Fashion Week

Un processo, quello degli eventi intorno alla Fashion Week, iniziato per far da cornice al più ampio quadro di presentazione delle collezioni e che ha finito invece per metterlo in ombra. In sette giorni, Milano vedrà il susseguirsi di 110 presentazioni, 54 eventi, 58 sfilate pe un totale di 170 collezioni.

Louis Vuitton inaugura, giovedì 19 Settembre, la mostra “Time capsule”, che consiste in una itinerante mostra con lo scopo di mettere in luce come la maison sia rimasta fedele al proprio essere, riuscendo a far spazio a tecnologia e digitalizzazione. Il tutto viene raccontato attraverso l’esposizione di rari oggetti selezionati dagli archivi del brand, enfatizzando il suo spirito pionieristico ma comunque leale alle antiche e tradizionali abilità nel lavorare le pelli.

Altro evento museale arriva dalla Fondazione Prada con “Il sarcofago di Spitzmaus e altri tesori”. Un progetto espositivo che prende nome da una delle opere esposte, il sarcofago di Spitzmaus, scatola di legno egiziana contenente la mummia di un toporagno del IV secolo a.C. La mostra riflette sull’atto della collezione e sul curioso modo di procedere: di sicuro non accademico e fuori dai canoni che solitamente definiscono le istituzioni museali. Il progetto è completato da un libro d’artista edito da Fondazione Prada che si presenta come un contenitore di disegni, riproduzioni e materiali vari e, citando come modello la Boîte en-valise di Marcel Duchamp, riprendendo l’idea del museo portatile e della collezione personale.

In linea con la fiera del green e sostenibile ci sono, appunto, i Green Carpet Fashion Awards Italia 2019, dai quali ci si aspetta di vedere eventi degni di nota, come il lancio del pop-up store di Vestiaire Collective presso la boutique Tearose per promuovere la circolarità nella moda al fine di contrastare il consumo compulsivo in tale industria, con la proposta di articoli già prodotti.

Ed ecco che ai discreti eventi “green and respectable” si contrappongono gli eccessi dei festeggiamenti per il compleanno di Vogue Japan, che a Milano festeggerà il suo 20° anniversario con un esclusivo party ospitato dal Bulgari Hotel, il quale verrà trasformato per l’occasione nello stravagante Kawaii Monster Cafè di Tokyo, famoso per le sue decorazioni sgargianti, tra cui una gigantesca giostra fatta di dessert e unicorni.

Sono tempi, questi, in cui la moda continua a fare i conti con i suoi demoni e le sue forti contraddizioni. Impegnata nel raccontare nuove verità, tutte esclusivamente green e tecnologiche, impara una nuova lingua e sembra parlare solo quella, a discapito di linguaggi antichi e consolidati, come se non si fosse stati in grado di lasciare a quest’arte del tessuto un po’ di autenticità, un po’ di sé stessa. In un contesto storico dove i filosofi di oggi preferiscono pensare all’autentico come costruito e recitato, allora la moda non si smentisce e si conferma al passo con i tempi.

Le sfilate

Vedono Prada, Miuccia Prada, fare gli onori di casa: sfila, per la prima volta in calendario di mercoledì, iniziando questo settimanale susseguirsi di eventi e presentazioni della moda, sicuri che non deluda nel raccontare contemporaneità e cambiamenti rimanendo fedele ad artigianali tagli sartoriali e storici tessuti della casa di moda. Gucci invece chiude la kermesse milanese domenica 22 Settembre.

United colors of Benetton torna a sfilare alla Milano Fashion Week dopo il suo debutto lo scorso febbraio 2019, e apre la Moda Donna con uno speciale show-event nello spazio di eccezione della piscina comunale Cozzi. N21 riconferma le aspettative presentando l’uomo e la donna insieme, assicurando miscele sorprendenti ed inaspettate. Continuano i festeggiamenti per l’anniversario di MSGM, in calendario per Sabato 21, e GCDS lavora ad ambientazioni Hawaiane confermandosi in linea con i temi di natura e green di questi tempi.

Ed è con i tempi che la moda deve interfacciarsi di continuo, senza potersi sottrarre a questo dialogo non poco ambiguo. Anche se esiste documentato in letteratura un momento storico nel quale la moda non era democratica, quando il tempo stesso giocava a favore dell’industria fashion, nelle vesti di importante filtro tra l’evento moda e il consumatore di quest’ultima; oggi l’autonomia del fruitore del fashion e la continua richiesta di soddisfarne le curiosità nel più breve lasso di tempo, portano alla mistificazione di pubblici eventi dall’accesso libero, e maxischermi voluti per raccontare le sfilate in “tempo-reale.

A Milano, in Corso Vittorio Emanuele angolo piazza San Babila viene adibito un maxischermo che trasmetterà in streaming le sfilate. Tale atto di democratizzazione vede il consumatore giocare un ruolo attivo nel processo di costruzione della prossima immagine/stagione fashion. E questo effetto collaterale, con conseguenti commenti e condivisioni sociali, riduce l’esistenza dell’evento-capo d’abbigliamento ai minimi termini.

La Settimana della Moda milanese promette sfilate per tutti, trasmesse in piazza, creando un evento totalmente decontestualizzato e scorporato. Lo spettacolo dell’abbigliamento completamente privato di un suo spazio-tempo, di un contesto socio-culturale e storico, così da avere uno spettatore/consumatore di moda privo di senso storico, e quindi di connessione con l’evento.

La Milano Fashion Week 2019 promette in questi termini di essere quello che tutti si aspettano che sia, fondamentalmente sostenibile, fruibile e accessibile, contemporanea e moderna ma sempre proiettata nel futuro, e soprattutto proiettata nelle piazze: tutto ciò impone alla moda, e quindi anche alla Settimana della moda, tempi insostenibili. Per mantenere certi standard la moda milanese ha finito per puntare tutto, o quasi, sul contesto e sul contorno, affidandosi più alla forma che alla sostanza. Difficile seguire il vero filo narrativo, l’essenza, di una collezione che pur di arrivare prima – in gara con altre 170 – preferisce arrivare a tutti nel più breve tempo possibile, in un’ode all’accessibilità per tutti, piuttosto che perdurare, finendo per smaterializzare anche gli spazi dove l’evento moda si manifesta.

Nonostante tutto, si riconosce all’organizzazione della Fashion Week quanto sia difficoltoso rimanere se stessi in un mercato che insegue il mood del momento e in un’industria dove la qualunque dipende da maschere e mascherate. Fortunatamente esistono realtà della moda che vivono in bilico, su entrambi i lati dell’industria fashion: raccontano di un tempo antico a generazioni estremamente tecnologiche, provano a coesistere in uno spazio-tempo altro, faticando nel mantenere la loro raison d’etre. Realtà come Prada, Gucci, Fendi, Bottega Veneta, Missoni, Alberta Ferretti e molte altre, simboleggiano che la modernità e la vera creazione di moda possono coesistere, senza che necessariamente l’una giochi un ruolo determinante nella scomparsa dell’altra.

All’apertura della Milano Fashion Week PE 2020 ci si affida al sempre più comune desiderio che le sfilate di moda prendano la scena con approcci moderni, ma anche fortemente caratterizzati da autentica artigianalità ed inventiva, rispettando i propri tempi seppur accompagnati da eventi di bellissimo decoro, che però si sa, da solo non basta.

 

di Camilla Stella

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