Imprigionati nel salotto di Carnage

Un film ambientato a New York ma girato a Parigi con lo Spazio come protagonista. Possibile?
Roman Polanski, regista veterano – nonché instancabile disturbatore della psiche degli spettatori – ci è riuscito con il film Carnage presentato alla 68° Mostra Internazionale del Cinema di Venezia.
Tratto dall’opera teatrale di Yasmina Reza Le Dieu du Carnage narra la storia di due coppie medio borghesi che discutono in un salotto riguardo una lite avvenuta tra i loro figli.
Per quasi tutta la durata della pellicola, la casa dei signori Longstreet funge da palcoscenico per le quattro maschere. La scenografia è dettagliata e realistica così da esaltare l’istinto vouyeristico dello spettatore medio che cinicamente ride per tutto il film. Kate Winslet, Jodie Foster, Christoph Waltz e John C. Reilly recitano in tempo reale riproponendo una piéce teatrale. La macchina da presa si muove all’interno dell’appartamento con agilità danzando ora in cucina, ora in bagno per poi tornare sempre nel salotto, centro del palcoscenico.
Questa living room nel cuore di Manhattan acquista un ruolo concreto, diventando spazio plastico che agisce insieme ai personaggi. Lo sceneggiatore Dean Tavoularis – celebre collaboratore di Coppola ne Il Padrino e Apocalipse now – ne cura ogni dettaglio: il parquet  di legno pregiato, il tappeto dai colori pastello, la libreria colma di volumi. I mobili avvicinano e separano i personaggi, li mettono a loro agio e li fanno inciampare.
Uno spazio che, come suggerisce il noto critico cinematografico Gianni Canova, diviene “Carcere mentale da cui i personaggi non riescono più ad evadere”. O in cui, inconsciamente ed egoisticamente, si trovano a proprio agio. Come se questo film fosse uno sguardo ironico sulla naturale infantilità dell’essere umano.

Lo spazio teatrale nel film Carnage non ha vie d’uscita: ridere o disperarsi?

Marta Falcon

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